GRAFEMI, SCRITTURA E ORTOGRAFIA

I fonemi di qualsiasi lingua in genere vengono rappresentati medianti simboli grafici che noi molto comunemente chiamiamo lettere, ma che più scientificamente sono definiti GRAFEMI.
Il termine ORTOGRAFIA indica il modo corretto di scrivere utilizzando una determinata lingua. le regole ortografiche sono comunque molto rigide, non osservarle, spesso anche su Facebook, comporta essere tacciati come "ignoranti", come persone che hanno un basso livello culturale.

Le lettere dell'alfabeto latino, che viene utilizzato per scrivere l'italiano, lingua neoromanza appunto, sono 21. A queste si aggiungono cinque grafemi di origine straniera che ricorrono in parole, utilizzate ormai da chiunque, dallo studente universitario, alla casalinga di Voghera, al postino etc etc. Per ottere una maggiore chiarezza espositiva, riporto qui sotto una pagine dell'"agile volumetto" di Elisabetta Perini, dal titolo Grammatica italiana per tutti (le regole, le spiegazioni, le eccezioni, gli esempi), pubblicato per Giunti, Milano 2009, p. 25.

I trigrammi e i digrammi

Dal momento che i grafemi dell'alfabeto latino a disposizione del parlante italiano sono ben 21 e il pattern fonetico dell'italiano standard è costituito da 30 fonemi, per rappresentare tutte le unità minime di suono della nostra lingua, è stato necessario escogitare, come espedienti grafici, associazioni di due o tre grafemi in grado di esaudire la rappresentazione di tutti i suoi suoni. Questi gruppi quando sono formati da due grafemi sono detti DIGRAMMI, quando invece si costituiscono con tre grafemi vengono definiti TRIGRAMMI. 

I DIGRAMMI sono sette:

  1. CH - (occlusiva velare sorda - k ), digramma utilizzato davanti vocale anteriore: es. chiave, cheratina, etc.
  2. GH - (occlusiva velare sonora - g ), digramma utilizzato davanti vocale anteriore: es. ghianda, seghe
  3. SC - (sibilante palatale sorda - ʃ ), digramma utilizzato davanti vocale anteriore: es. scivolo, scettico
  4. GN - (nasale palatale sonora - ɲ ), digramma utilizzato davanti qualsiasi fonema vocalico: es. cognato, es. cagne, stagni, gnu, gnomo
  5. CI - (affricata prepalatale sorda - ʧ ), digramma utilizzato da solo oppure davanti a "e" e a vocale centrale e posteriore: es. cielo, cicala, bacio, acacia, ciurma
  6. GI - (affricata prepalatale sonora - ʤ ), digramma utilizzato da solo oppure davanti vocale a "e" e vocale centrale e posteriore: es. giraffa, ciliegie, agiografia, congiungere, agiato 
  7. QU - (nesso labiovelare sordo kw ), digramma utilizzato sempre davanti a vocale tranne "u": es. equino, questo, quale, equ


i TRIGRAMMI sono due:

GLI - (laterale palatale sonora - ʎ ), trigramma utilizzato davanti consonante o davanti a qualsiasi fonema vocalico: es. aglio, tagliare, maglietta, figliuolo. Quando non segue alcuna vocale ed è ad incipit di parola, il trigramma viene pronunciato distinguendo i singoli fonemi, come se non individuasse il fonema della laterale palatale sonora: es. glicine, glicemia. 

SCI - il trigramma viene utilizzato per riprodurre la sibilante palatale sorda ( ʃ ) davanti vocale centrale e posteriore: es. sciame, sciocco, asciutto.

DITTONGO E TRITTONGO

La definizione tradizionale di dittongo lo indica come un nesso vocalico costituito da una semivocale, j e w (o approssimante che dir si voglia), e da una vocale che costituisce nucleo sillabico e che pertanto può essere portatrice di accento tonico. 

A seconda della posizione dell'approssimante, a destra o a sinistra, si parla di dittongo ascendente o discendente:

ascendente (approssimante a sinistra) - ie, io, ia, iu/ ue, uo, ua, ui

discendete (approssimante a destra) - ei, oi, ai, ui/ eu, ou, au, iu


Nel momento in cui un approssimante palatale o velare (j e w) si accompagna ad un dittongo discendente o ascendente, come nelle parole buoi e aiuola, si ha invece un trittongo. La forma nominale al plurale buoi sarà pertanto monosillabica, in quanto costituita da un unico nucleo vocalico.

Dittonghi e trittonghi formano sempre un'unica sillaba

ELISIONE E TRONCAMENTO

L'incontro di una vocale atona posizionata nel piede (il vocalismo finale è una caratteristica peculiare della nostra lingua) con la vocale incipiente di una parola che segue provoca la caduta del grafema vocalico alla fine della prima parola e la sua relativa sostituzione con un apostrofo. Questo fenomeno viene chiamato elisione, termine derivato dalla voce latina "elidere" che significa appunto "cancellare".

L'elisione è obbligatoria:


  • con gli articoli LO e LA e le preposizioni articolate formate con questi articoli (dello, nella, sullo, etc.)
  • con l'articolo indeterminativo una
  • con i dimostrativi di terzo grado di approssimazione, maschili e femminili, QUELLO e QUELLA
  • con gli aggettivi qualificativi BELLO-A, SANTO-A
  • con l'avverbio CI davanti alla terza persona singolare del presente indicativo del verbo essere "è" (es. c'è)
  • con il connettivo ANCHE di fronte a pronomi personali incipienti per vocale, IO, EGLI, ESSO, ESSA, ESSI
  • in alcune espressioni di uso abbastanza frequente come MEZZ'ORA, TUTT'ALTRO, SENZ'ALTRO, D'ALTRONDE, D'ORA IN POI, POVER'UOMO, BUON'ANIMA


è facoltativa:


  • con la preposizione DI
  • con i pronomi personali LO, LA, MI, TI, SI, VI, NE
  • con il connettivo COME, seguito da voci del verbo essere incipienti per E (ad es. com'era, com'è/ come era, come è)
  • con l'aggettivo dimostrativo di primo grado di approssimazione QUESTO-A
è vietata:

  • di fonte a parole che iniziano per approssimante palatale [ j ], es. iodio, iattura, etc
  • con i pronome personale atono di prima persona plurale CI di fronte ad una vocale diversa da I: ci adorano, ci aspettano, ci odiano, etc.
  • con i pronomi atoni di terza persona plurale, maschili e femminili, LE, LI, in funzione di complemento oggetto (le doravo, li interpretano, le volevano) 
  • con la preposizione semplice DA per non confonderla con la preposizione DI

APOCOPE

In questo caso più che di una cancellazione, segnalata comunque dalla presenza di un apostrofo, si deve parlare del dileguo di un nucleo sillabico atono. Il fenomeno dell'apocope, a differenza dell'elisione, può avvenire anche davanti a consonante e, quando interessa un aggettivo, si produce soltanto di fronte una forma nominale al maschile singolare, mai di fronte a sostantivi femminili o al plurale.
A questo proposito è importante ricordare che il pronome interrogativo QUAL è soggetto al fenomeno dell'apocope, pertanto quando segue la terza persona singolare del presente indicativo del verbo essere non deve per nessun motivo essere scritto con l'apostrofo. es. qual è l'orario delle lezioni?

si parla di apocope e non di elisione:

  • con l'aggettivo numerale UNO e i suoi composti indefiniti CIASCUNO, ALCUNO, NESSUNO, ALCUNO
  • con gli aggettivi qualificativi BELLO e SANTO
  • con il dimostrativo di terzo grado di approssimazione con un sostantivo maschile incipiente per consonante: es. quel bambino, quel barattolo.
  • con i seguenti sostantivi seguiti da un nome proprio di persona, signore, professore, dottore, ingegnere, commendatore, cavaliere, frate e suora: es. Dottor Freud.
l'apocope è facoltativa (è più usata ma non è obbligatoria):
  • con tale e quale usati con una forma nominale al maschile e femminile singolare
  • con gli infiniti sostantivati
  • in alcune espressioni polirematiche: es. mal di mare, fior di soldi, per l'amor di Dio!
l'apocope è vietata davanti a parole che iniziano con s preconsonantica, z, gn. ps, x. Con le forme nominali al maschile incipienti con questi fonemi non si ha apocope, anche se preceduti da bello, buono, quello: es. un buono psicologo, quello psicologo.
E' importante ricordare che l'apocope non viene segnalata da apostrofo o da qualsiasi altro segno paragrafematico: po' (poco), be' (bene), mo' (modo) ed i verbi di',da', fa', sta', va' (forme dell'imperativo di dire, dare, fare, stare, andare).


LA SILLABA

Per sillaba si intente un gruppo di fonemi pronunciato con un'unica emissione di voce, riprodotta graficamente con un insieme di grafemi tra cui la vocale costituisce il nucleo sillabico. La regola generale è che ogni grafema vocalico o dittongo rappresenta una sillaba. 
La sillaba può essere costituita da una vocale semplice oppure preceduta da un attacco consonantico, o ancora seguita da una cosa consonantica: es.

 a - mo - re, len - to

Una sillaba può essere:
  • chiusa: se è provvista di una coda consonantica, es. len - to
  • aperta: se non ha la coda e si chiude con una vocale, es. a - mo - re
Le parole possono essere:
  • monosillabe: costituite da una sola sillaba: es. non, da, per, su etc.
  • bisillabe: costituite da due sillabe: fre - no, au -to
  • trisillabe: costituite da tre sillabe - gat-ti-no, ca-vo-lo, la-vo-ro
  • quadrisillabe: costituite da quattro sillabe: a-ran-cia-ta, pa-chi-der-ma
Esistono anche parole costituite da cinque o sei sillabe, in questi casi si parla di forma polisillabica: es. e-ner-gu-me-no, in-tel-li-gen-tis-si-ma

Per individuare le sillabe all'interno di una qualsiasi parte del discorso, dobbiamo osservare poche regole:
  • la vocale o il dittongo, che si presenta all'inizio di parola, costituisce una sillaba, se viene immediatamente seguita da una consonante scempia, a sua volta seguita da una seconda vocale.
  • le consonanti scempie si associano sempre alla vocale seguente
  • il nesso costituito da occlusiva seguita da laterale o vibrante (l, r) si associa alla sillaba rappresentata dalla vocale seguente. es. bla - te -ra - re
  • i nessi costituiti da consonanti geminate vengono sdoppiati: es. tut-to, cat-ti-vo
  • non subiscono separazione i digrammi e i trigrammi: gn, sc, gli, etc.
  • i gruppi di vocali che non costituiscono dittongo ma sono in iato vengono separati.
L'ACCENTO

tutte le parole dell'italiano standard sono provviste di un accento tonico. Le sillabe su cui cade l'accento tonico sono dette appunto toniche, tutte le altre vengono definite atone.
Dipendentemente dalla posizione dell'accento tonico all'interno di una singola parola, distinguiamo:

  • parole TRONCHE, con l'accento tonico sull'ultima sillaba: es. pe, cari
  • parole PIANE, con l'accento sulla penultima sillaba: es. sero, pane
  • parole SDRUCCIOLE, con l'accento sulla terzultima sillaba: es. volo, rito
  • parole BISDRUCCIOLE, con l'accento sulla quartultima sillaba: es. veficalo
  • parole TRISDRUCCIOLE: con l'accento sulla quintultima sillaba: es. ìndicamelo

Importante non confondere l'accento grafico. con l'accento tonico che solitamente non viene riprodotto graficamente. La maggior parte delle parole in italiano standard è piana, quindi accentata sulla penultima sillaba.

L'accento grafico

Nelle tastiere dei dispositivi elettronici troviamo due modi differenti per accentare le vocali medie E e O, ovvero si utilizza l'accento acuto o l'accento grave, per marcare il differente grado di apertura della bocca: l'accento acuto indica la vocale medio-bassa o aperta (caffè, canterò), l'accento grave indica invece il fonema vocalico medio-alto o chiuso (es. perché). Tutte le altre vocali possiedono solo l'accento grave.

quando occorre inserire l'accento grafico?
sulle parole troche di due opiù sillabe
sui monosillabi contenenti due vocali o un dittongo (più, può, piè, ciò, già, giù), con l'eccezione di qui e qua
per discriminare l'identità morfologica di alcune parole omografe: da/dà - papa/papà - se/sé - di/dì - è/e - là/la - ne/nè - sì/si - tè/te
tutte le parole composte che hanno come secondo elemento un monosillabo accentato: martedì, ventitré, quassù etc.

in genere, anche quando ci sono parole omografe che cambiano il loro significato a seconda della posizione dell'accento tonico, l'accento grafico non viene riprodotto, tranne quando è strettamente necessario distinguere la pronuncia.

LE MAIUSCOLE 

Ci sono casi in cui dobbiamo utilizzare la lettera maiuscola.

La maiuscola è obbligatoria:

  • quando iniziamo a scrivere un testo e dopo il punto
  • nei nomi propri di persona e di animale
  • dopo il punto interrogativo e il punto esclamativo
  • nei nomi di città, di isola, di stato, di luogo
  • nei nomi che indicano le festività
  • nei nomi che indicano le stelle e i pianeti
  • nei nomi che indicano i punti cardinali
  • nei nomi che indicano enti pubblici, nozioni astratte: es. Senato della Repubblica


La maiuscola è facoltativa:

  • nei nomi che indicano gli abitanti di una città o di uno stato: i Francesi, ma anche i francesi
  • nei nomi che indicano cariche pubbliche e religiose
LA PUNTEGGIATURA

Rimandiamo al presente documento in formato pdf.






Commenti

  1. Interessante pubblicazione. Finalmente riesco a capire tante cose su argomenti specifici.

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