IL PRIMO CAPOLAVORO DEL SOMMO - LA VITA NOVA DI DANTE

Il 2021 sarà l'anno delle donne, della rinascita dopo la mortificante clausura indotta dalla pandemia da Covid-19 e del settecentesimo anniversario della morte di Dante Alighieri.

Prima che si aprano dibattiti e si tengano lunghe discussioni critiche sul magistero del più illustre poeta della letteratura italiana, sulla tradizione delle sue opere, sulla sua fortuna e sull'attualità dei contenuti che emergono tra le righe dei suoi endecasillabi, ho deciso di inaugurare una serie di interventi su quelle opere dantesche, che troppo spesso vengono oscurate dall'incredibile fama che, nel corso dei secoli, ha accompagnato la Commedia,  arbitrariamente definita "divina" a partire dalla realizzazione di un'edizione a stampa del XVI secolo (il primo esemplare è stato partorito dalla tipografia Giolito a Venezia nel 1555).

Se Dante non avesse dedicato tanti anni della sua vita a scrivere i versi delle cantiche della Commedia, sarebbe stato sicuramente ricordato per una innovativa sperimentazione letteraria, che molto probabilmente sviluppò tra il 1293 e il 1295: la VITA NOVA.



l'immagine qui riprodotta: D. G. Rosetti, The salutation of Beatrix, particolare, olio su due pannelli, 1859, Ottawa, National Gallery of Canada

Firenze era un comune guelfo, prospero dal punto di vista economico e culturalmente fecondo. Nell'ultimo scorcio del XIII secolo i poeti di quell'eterogeneo gruppo, erroneamente definito "scuola", che i manuali scolastici definiscono Dolce Stil Novo, si stavano spontaneamente appropriando del primato della lirica d'amore, spodestando la preminenza di Guittone d'Arezzo. Dante partecipa attivamente alla vita politica della sua città natale, ma vuole con tutto sé stesso essere un poeta, farsi accogliere in quella "casta", in cui il livello di nobiltà e il lignaggio non si misuravano sulla base dei titoli e dei beni materiali posseduti. Per Durante Alighieri la poesia d'amore in volgare non fu un passatempo, da relegare ai momenti di otium letterario, ma bensì un serio impegno intellettuale, da perseguire attraverso una solida preparazione culturale e un'attentissima limatura formale. Ne scaturì la pubblicazione e la diffusione di un libello giovanile dal titolo Vita Nova.

Si tratta di un'originale mistura di prosa e poesia, caratterizzata da 33 componimenti lirici, inquadrati da 42 capitoli di un romanzo sentimentale, in cui si narrano genesi ed evoluzione del sentimento d'amore che dal 1283 fino al 1291 legò Dante alla persona di una giovane donna, da lui soprannominata Beatrice. Non sappiamo chi sia in realtà la fanciulla che si nasconde dietro questo pseudonimo o se il protagonista femminile del libercolo giovanile dell'Alighieri abbia un suo specifico rilievo storico, ma sappiamo benissimo che da queste pagine emerge una concezione dell'amore del tutto differente rispetto a quella contemplata nelle più di cinquanta poesie di Guido Cavalcanti (primo degli amici di Dante e suo interlocutore letterario), secondo cui l'amore è una sorta di malattia mentale. Dal best seller del giovane Durante Alighieri apprendiamo fondamentalmente due cose:

1. l'amore vero non ha nulla a che spartire con le emozioni, ma con la razionalità

2. l'unico vero amore è quello che tutti noi appartenenti al consorzio umano riserviamo nei confronti del nostro vero padre, del Padre celeste, l'Altissimo, e tutti i nostri innamoramenti, tutti i trasporti che scandiscono la nostra esistenza terrena non sono altro che equivoci, fraintendimenti, illusioni, false versioni dell'autentico desiderio di ricongiungerci con lui.

La bellezza del creato, la bellezza della donna che amiamo è una prova inconfutabile dell'esistenza di Dio, della sua perfezione, della sua imperscrutabile intelligenza e del suo immenso amore. 

Pertanto, che dietro Beatrice si nasconda una certa Bice andata in sposa a Folco Portinari, morta all'età di 24 anni, è assolutamente secondario, se non inutile, ai fini dell'intelligibilità dell'opera e di cosa pensasse Dante su Amore. Non a caso Beatrice si mostra spesso a Dante attraverso visioni mistiche, ammantata di attributi e connotazioni cristologici.

D'altronde, come per la maggiore opera dantesca, non sono chiare, nemmeno per questa organica opera giovanile, le motivazioni del titolo. Cosa vuol dire "vita nuova"? E' una polirematica utile ad indicare la giovinezza o indica una vita rinnovata dall'amore?

LA MATERIA E LE POESIE DELLA LODE

Dante incontra Beatrice quando entrambi hanno nove anni e la fanciulla indossa una tunica rossa come il sangue che Cristo Gesù ha versato quando ha donato la vita per la salvezza del genere umano. Dopo altri nove anni, i due si incontrano nuovamente in chiesa. I ficcanaso e i "malparlieri" si illudono che il poeta si sia invaghito di un'altra donna che si frappone tra Dante e Beatrice, nel bel mezzo della traiettoria dello sguardo che parte dall'amante e si spinge verso l'amata: per tutelare l'identità e l'onorabilità di quest'ultima, il poeta finge di essere innamorato di questa donna "schermo", che diventa oggetto delle sue attenzioni e delle sue dolci parole pronunciate alla luce del sole. Ma poichè la donna-schermo prende baracca e burattini e va via da Firenze, Dante si trova costretto a rimpiazzare la sua defezione e inizia a corteggiare una seconda fanciulla, la quale stavolta però viene messa in imbarazzo dalle attenzioni del poeta. Beatrice, resasi conto di ciò, indignata, priva Dante del "guiderdone" del suo saluto benefico, la cui vicenda amorosa comincia così ad avere una dolorosa deriva. L'apice dello struggimento viene raggiunto nell'episodio del "gabbo" (parola con cui a Firenze si indicava una "presa in giro), in cui Beatrice e le sue amiche, consapevole dell'imbarazzo e della goffaggine che animano la condotta di Dante al cospetto dell'oggetto del suo desiderio, si burlano del poeta stesso.

Il tempo passa, l'amore che Dante conserva per Beatrice subisce però una inaspettata evoluzione: grazie alle sollecitazioni di una donna gentile e solidale che chiede a Dante il motivo per lui continui ad amare Beatrice, nonostante questo sentimento sia foriero di dolore e non venga corrisposto,  il poeta comprende il vero senso dell'amore, l'intelligenza che muove l'universo, il sole e le stelle, capisce che esso è una benedizione, che è un'espediente per elevarsi spiritualmente e, superando agilmente l'esperienza stilnovistica del Cavalcanti e di Cino da Pistoia, decide di inaugurare la poesia della lode, con cui celebrerà totalmente non solo la bellezza e la grazia della fanciulla da lui amata, ma anche le sue innegabili qualità spirituali.

Purtroppo anche le liriche della lode hanno un limite, quello della vita stessa di Beatrice: la giovane donna muore improvvisamente e questo evento scaglia Dante in un inferno di lacrime e luttuosa tristezza. 

Una donna gentile e pietosa si mostra benevola nei confronti del poeta ferito e affranto. Dante è tentato dall'intenzione di rivolgere a questa soave fanciulla le sue attenzioni per lenire la sofferenza, cagionata dalla repentina perdita della donna da lui amata. Sarà la stessa Beatrice a ripristinare la sua posizione trionfante sul trono del cuore di Dante, mostrandosi a lui in sogno, ormai non più donna mortale di carne ed ossa, ma angelo di Dio, luminoso essere di puro spirito, splendente della luce del suo Primo Fattore nell'immensità dell'Empireo.

Il poeta allora giura solennemente di rimanere per sempre a lei fedele e che canterà di lei in un modo con cui mai è stato fatto finora (alcuni hanno voluto ravvisare in queste parole una sorta di anticipazione del proposito di scrivere le cantiche della Commedia, ma francamente ritengo che in questa fase della sua vita Dante sia stato ancora lontano dalla predisposizione mentale e dalla sensibilità che lo hanno sollecitato verso la composizione del suo poema sacro).

Così come per la Commedia, la narrazione riguarda esclusivamente l'interiorità del poeta e tutte le vicende, contemplate nel racconto e filtrate dalla singolare prospettiva dell'io lirico, sono le tappe di un cammino interiore, senza riferimenti precisi ai luoghi della città di Firenze (che non viene nemmeno nominata) o ai personaggi con cui Dante interagisce, individuati da singolari perifrasi (ad es. Guido Cavalcanti viene presentato come il primo de li miei amici).

I MODELLI  

Con la Vita Nova Dante ha sperimentato formalmente un unicum nella letteratura italiana delle origini, ovvero ha realizzato un "prosimetro", un'opera in cui il testo narrativo in prosa viene inframmezzato da 25 sonetti, 1 ballata e 5 canzoni. Nella letteratura classica non era insolito trovare opere caratterizzate da simile alternanza testuale, un po' meno lo è nella letteratura medievale. Relativamente alla forma del prosimetro, tra gli ipotetici modelli di riferimento, che costituiscono parte del copioso retroterra culturale di Dante, possiamo ravvisare il De Consolatione Philosophiae di Severino Boezio oppure le razos occitaniche, ossia quesi testi esplicativi con cui i poeti provenzali fornivano ai loro interlocutori una chiave di interpretazione delle loro stesse liriche d'amore. A questi modelli, che vengono ravvisati tradizionalmente dalla manualistica, suggerisco di aggiungere anche il Vangelo secondo Matteo, un testo sacro che Dante non avrebbe potuto in alcun modo non conoscere e non aver letto, in cui le stringhe in prosa in cui si narrano vita e opere del Cristo vengono interrotte dalle citazione in poesia del libro del profeta Isaia.

LA TRADIZIONE  

Come per tutte le altre opere di Dante, anche per il liber della Vita Nova non abbiamo versioni autografe, ma soltanto esemplari manoscritti. Circa venti testimoni hanno consentito quindi la ricostruzione dell'archetipo a Michele Barbi, che nel 1921 (quest'anno ne ricorre quindi il centenario) pubblica la prima edizione critica della Vita Nova, ancora oggi testo di riferimento per i filologi che hanno commentato il libello giovanile del nostro inimitabile sommo poeta.



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