L'ELOGIO DI SOFIA: IL CONVIVIO

Dante viene celebrato come poeta, non come filosofo, saggio, anziano sapiente. Non per questo nel corso della sua esperienza biografica tralasciò di curare la sua formazione culturale; anzi, soprattutto negli anni dell'esilio, egli avvertì con forza l'imperativo di palesare la  vastità della sua dottrina, il suo status di intellettuale che padroneggiava le arti del trivio e del quadrivio. Non fu soltanto questione di restaurare la propria reputazione, infangata da accuse infamanti che gli erano valse l'esilio, ma anche di superare le sofferenze, i travagli interiori, quel senso di caducità dell'esistenza terrena, subentrato nella mente del poeta a seguito della morte di Beatrice. La cultura, la sapienza e la filosofia potevano essere degli espedienti fondamentali e decisivi per raggiungere il pieno possesso della verità.


In foto: Arazzo di Bayeux, particolare, anni 70 del XI secolo, Cento Guillaume de Conquérant, Bayeux.
Sulla base di queste fondamentali motivazioni, il poeta attese alla stesura, dal 1304 al 1307, di una vasta silloge enciclopedica di tutto lo scibile umano, composta di quindici trattati: il primo avrebbe costituito una efficace e validissima introduzione all'opera intera; gli altri quattordici avrebbero esposto dottrine e teorie filosofiche attraverso il commento ad altrettante canzoni.
L'opera viene concepita e sviluppata in una fase biografica in cui Dante aveva già compiuto il "giro di boa" del mezzo del cammin di nostra vita. Erano gli anni della maturità intellettuali, distinti e distanti dalla fase delle rime d'amore incastonate nel suo libello giovanile, prodotto per celebrare l'amore per Beatrice. In Dante era molto forte l'esigenza di divulgare il proprio sapere, non di custodirlo gelosamente come un patrimonio preziosissimo da condividere al massimo con una esclusiva cerchia di anime belle. Per motivi che necessariamente ignoriamo vennero realizzati soltanto i primi quattro trattati, ovvero l'introduzione e il commento alle seguenti canzoni:

1. Voi che intendendo il terzo ciel movete
2. Amor che nella mente mi ragiona
3. Le dolci rime d'amor ch'io solìa

Il progetto venne purtroppo abbandonato da Dante, molto probabilmente perché le sue energie intellettuali furono ad un certo punto riversate sulla composizione del suo illustre poema sacro, ma forse anche perché il poeta si era reso conto dei limiti del suo proposito, ovvero quello di arrivare alla verità attraverso la filosofia, gli strumenti dell'intelletto umano. Ci sono verità che l'uomo non può arrivare a possedere perché si collocano ben al di là delle sue facoltà intellettuali e l'amore per la sapienza rischia di degenerare in superbia, nell'arroganza di credere di poter arrivare a padroneggiare misteri e dogmi attraverso di essa. Non a caso ci sono diversi passi nella Commedia in cui Dante si pronuncia contro quello stesso peccato, di cui si riconosceva per primo una vittima (Matto è chi spera che nostra ragione/ possa trascorrer la infinita via/ che tiene una sustanza in tre persone, cfr. Commedia, Purg, canto III, vv. 34-36).

I CONTENUTI

Per "convivio" si intende un banchetto, un luogo dove si mangia in compagnia e dove si può discutere di amenità, ma anche di argomenti impegnati, perché la pancia è piena, ci si sente appagati e a proprio agio. Obbedendo alla logica di conferire al testo il rispettivo senso allegorico, Dante molto probabilmente con questo titolo voleva asserire che la cultura e la filosofia nutrono lo spirito esattamente come il cibo alimenta il corpo. Si tratta di un banchetto a cui sono invitati tutti, a prescindere dal proprio livello culturale e dalla rispettiva provenienza sociale. Da qui la scelta di utilizzare come medium linguistico il volgare e non il latino, non perché quest'ultimo codice linguistico fosse inadeguato per sostenere delle conversazioni dotte e fosse percepito da Dante come una lingua morta e imputridita, ma perché il volgare era la lingua della conversazione quotidiana, dei mercanti, dei borghesi che infittivano le fila della classe dirigente fiorentina, mentre il latino era la lingua con la quale interagire efficacemente con l'intera intellighenzia del Vecchio Continente.
Il pubblico a cui si rivolge Dante è la nuova nobiltà, è costituito dai rappresentanti di quel ceto moderno ed intraprendente che era giunto alla guida della città di Firenze; erano uomini pervasi da un amore disinteressato per la cultura, sulla quale essi stessi basavano la loro rigenerazione morale.
  • Nel I libro Dante introduce la sua enciclopedia allestendo il banchetto di virtute et canoscenza: il companatico è rappresentato dalle canzoni, il pane di accompagnamento è costituito dai commenti in prosa che ne argomentano i contenuti.
  • Nel II libro, dopo aver chiarito la necessità di applicare un metodo allegorico per la comprensione della sua opera, viene descritta la cosmografia dell'universo secondo l'uomo medievale, quell'ordine perfetto, armonico, gerarchicamente architettato dall'intelligenza divina, che Dante descrive progressivamente nella terza cantica della Commedia.
  • Il III libro è invece un inno alla Sapienza, quella somma perfezione a cui può solo aspirare l'uomo. In questo terzo libro si sarebbe celebrato il culto di Sofia.
  • Nel IV trattato il poeta discute del tema della vera nobiltà, già di matrice stilnovista. Si insiste sul concetto che nobili non sono solo coloro che provengono da lignaggi di sangue blu, né quanti si sono dimostrati valorosi e temerari sui campi di battaglia. La nobiltà è un privilegio che si conquista solo attraverso uno spirito ben nutrito, che ha fatto una bella scorpacciata di cultura.

Dante si impegna nel tradurre in volgare il lessico della scolastica, in uno stile caratterizzato da una sintassi ipotattica, articolata e sofisticata, con cui cerca di imitare la prosa dei grandi classici latini ( lo bello stile che m'ha fatto onore, cfr. Commedia, Inf., v. 87).

MODELLI

La forma del prosimetro e gli argomenti coinvolti nelle discussioni del Convivio suggeriscono che un possibile modello di riferimento potrebbe essere stato il De Consolatione Philosophiae di Severino Boezio.
Il titolo dell'opera si ricollega alla tradizione del Simposio di Platone, di quelle discussioni dotte che si consumano a cena. Dante però non conosceva il greco, non poteva leggerlo nè tanto meno aveva a disposizione codici redatti in lingua greca; pertanto conosceva il dialogo platonico soltanto indirettamente (tutte le volte che parla del Filosofo con la f maiuscola, sta ovviamente facendo riferimento ad Aristotele, l'autentica auctoritas medievale).

LA TRADIZIONE MANOSCRITTA

Il Convivio ha avuto una diffusione molto tarda, lontana dalla fine dell'esperienza biografica del suo autore. Dei quarantacinque manoscritti, che ne tramandano il testo, soltanto due sono stati esemplati nel XIV secolo; tutti gli altri furono opera di copisti che lavorarono nel corso della seconda metà del secolo successivo. La ricostruzione del relativo stemma codicum ha cercato di restituire un archetipo fortemente corrotto, caratterizzato da numerosi errori e lacune. Molto probabilmente l'originale doveva avere la facies di un abbozzo, di una serie di appunti privati, non trascritti "in pulito". Il silenzio editoriale che caratterizza la divulgazione delle poche versioni a stampa che circolarono in epoca moderna viene rotto da due edizioni pubblicate a Firenze, nel 1723, per i tipi Torrentini e Franchi
L'edizione critica più dettagliata ed esaustiva è quella di Franca Brambilla Ageno (1995), composta di quattro tomi, attraverso la quale la studiosa ha tentato  di ricostruire i rapporti  tra i testimoni e proporre interventi di restauro di un opera preziosa ma assai logorata dal tempo.


Commenti

Post più popolari