GENESI ED EVOLUZIONE DE "I PROMESSI SPOSI" DI ALESSANDRO MANZONI

Il romanzo de I Promessi sposi nel corso del tempo non ha goduto di una fama internazionale: già i letterati e gli intellettuali d'Europa, contemporanei ad Alessandro Manzoni, lo avevano accolto con freddezza, non tributando al monumentale romanzo storico quel prestigio e quella valenza linguistica ed artistica di cui ha ampiamente goduto nel nostro paese. Soprattutto nella seconda metà del XIX secolo, quando l'Italia era diventata uno stato unitario e non era più soltanto un mero concetto geografico, l'opera di Manzoni ha assunto un importante valore normativo, suggerendo un modello di lingua standardizzato e proponibile nella dimensione del parlato molto più di quanto lo potesse essere l'aulico idioma letterario.


Immagine fotografica: F. Gonin, Frontespizio dell'edizione de I promessi sposi del 1840.

Ma come mai ancora oggi, nel 2022, i docenti di materie letterarie non possono esimersi dal far conoscere ai propri studenti il magistero letterario di Alessandro Manzoni? Ha ancora senso dedicare parte della programmazione di lingua e letteratura italiana del secondo anno di scuola secondaria di secondo grado alla lettura e all'analisi di un romanzo, che effettivamente risulta un po' indigesto e di non facile comprensione per le nuove generazioni di studenti?

Se mi sforzo di riportare alla memoria i miei ricordi di liceale, non emerge l'immagine di uno studente particolarmente entusiasta della lettura obbligata di questo romanzo: a quindici anni decisamente non mi batteva il cuore ogni volta che mi accingevo a leggere una nuova puntata della tormentata vicenda matrimoniale di Renzo Tramaglino e Lucia Mondella. Da adulto però (anche prima di sedermi in cattedra) ho decisamente rivalutato la qualità ed il peso di tale prodotto letterario: ho provato una sincera compassione nei confronti della giovane Gertrude, ho tremato di fronte ad un padre Cristoforo tuonante contro l'arroganza di Don Rodrigo, mi sono commosso fino alle lacrime al cospetto del cardinale Federico Borromeo mentre rendeva una pecorella mansueta l'uomo più temibile del Ducato di Milano. 

I promessi sposi sono comunque un romanzo di alto spessore, foriero di idee e pensieri profondissimi. Di sicuro farlo leggere è una buona idea, e sono convinto che anche i giovani della generazione Z possano trarne un indiscutibile giovamento spirituale.

Prima, però, di elencare le motivazioni per cui la lettura e l'analisi del romanzo storico di Manzoni hanno ancora un senso all'interno dei percorsi formali di educazione linguistica, desidero procedere con una snella cronistoria della vicenda ideativa e compositiva del monumentale romanzo storico di cui in oggetto.

QUANDO ALESSANDRO MANZONI EBBE L'IDEA DI ANDARE CONTROCORRENTE

L'idea di scrivere un lungo e corposo romanzo storico era senz'altro innovativa, rompeva con una tradizione letteraria che prediligeva la lirica, il poema e la tragedia, inzuccherata di mitologia classica, intarsiata di satiri, muse e divinità che sapevano suonare la cetra. Alessandro Manzoni era un letterato anticonformista, sprovincializzato, aveva vissuto per molto tempo a Parigi, si era confrontato con gli intellettuale di quella capitale europea, Parigi, che agli albori del XIX secolo si proponeva come centro di irradiazione delle novità artistiche e letterarie. Probabilmente è qui, tra un salotto letterario e l'altro, che Manzoni scopre il romanzo storico, attraverso la lettura dell'opera di un autore scozzese all'epoca molto conosciuto: Walter Scott, autore di Ivanhoe

Per Alessandro Manzoni la letteratura non doveva essere un'occupazione per anime belle, non era un'attività che si consumava esclusivamente all'interno di quelle torri d'avorio in cui si rifugiavano i poeti. Ogni opera doveva rigorosamente mirare al vero come oggetto, all'interessante per mezzo e all'utile per iscopo (per citare le esatte parole con cui lo stesso Manzoni descriveva la sua poetica in una epistola diretta a Carlo D'Azeglio). La letteratura serve davvero l'uomo quando illumina il vero, quando la finzione della scrittura mistifica solo funzionalmente la realtà e reca il suo messaggio ad un considerevole numero di interlocutori. 

La storia era sicuramene oggetto di interesse da parte di Manzoni, e per incorniciare le avventure e le disavventure di Renzo e Lucia sceglie come tempo il XVII secolo, nel bel mezzo della Guerra dei Trent'anni, e come luogo il Ducato di Milano. La scelta dei tempi e dei luoghi della fabula venne probabilmente orientata dalla lettura delle opere storiografiche di Giuseppe Ripamonti e Melchiorre Gioia, ma probabilmente ogni appassionato di storia si sarebbe orientato verso la scelta dell'età del Barocco, un'età ricca di sfumature e contraddizioni, in cui l'ascesa del metodo scientifico si affianca alla caccia alle streghe, ai processi sommari a carico dei seminatori di morbo, i cosiddetti untori; è un periodo in cui sembra valere la legge del più forte, dove leggi ci sono, sono scritte ma non vengono osservate dai prepotenti e dai prevaricatori.

Decisamente non avrebbe potuto scegliere un periodo storico migliore per poter scuotere le coscienze a proposito delle storture e delle ingiustizie che caratterizzano da sempre la storia universale dell'uomo.

Fu così che nella primavera del 1821, mentre soggiornava nella sua villa suburbana di Busuglio, cominciò a stendere le prime righe del primo romanzo storico della storia della letteratura italiana. Fu un gesto molto audace, dirompente, che di colpo tagliava i ponti con una tradizione ancorata profondamente alla produzione in poesia.

IL "FERMO E LUCIA"

La prima stesura del romanzo fu uno spesso gruppo di fogli, ancora oggi conservato presso gli archivi storici della Biblioteca Braindense a Milano. Questo abbozzo di romanzo è un testo in fieri, lacunoso, pieno di correzioni e suscettibile di altri emendamenti, con una stesura riportata su una delle due colonne in cui sono divisi tutti i fogli, affiancata dagli emendamenti e dalle correzioni dello scrittore. Manzoni conferì a questo insieme di testi il titolo provvisorio di Fermo e Lucia

 

Immagine fotografica: pagina manoscritta della cosiddetta prima minuta



Immagine fotografica: sala lettura della Biblioteca braindense

Per parlare di questo nucleo originario del capolavoro di Manzoni sarebbe necessario sviluppare uno specifico post; pertanto mi limiterò a descriverlo sommariamente ma con una certa chiarezza.

I filologi della letteratura italiana che hanno esaminato questi fogli, per approntarne una eventuale edizione critica (tra cui Dante Isella), distinguono due stesure differenti, denominate rispettivamente prima e seconda minuta

La prima minuta presenta le seguenti caratteristiche:

  • la fabula del romanzo è articolata in quattro tomi che descrivono con ampie sequenze descrittive gli ostacoli alle nozze, le avventure di Lucia, quelle di Fermo e la ricomposizione finale dell'equilibrio con il matrimonio dei due protagonisti;
  • una concezione del genere umano molto schematica con i poveri e i derelitti che si autoingannano e vengono ingannati e i ricchi che li prevaricano;
  • una scarsa pacatezza stilistica;
  • una lingua composita e originale, resa peculiare dalla mistura di lombardismi e forestierismi provenienti dal francese.

La seconda minuta viene redatta al fine di modificare la struttura del romanzo, passando dall'incipiente distribuzione della materia in quattro tomi all'articolazione in trentotto capitoli. Manzoni inoltre lavora per definire meglio il profilo psicologico di alcuni personaggi, come Gertrude e il Conte del Sagrato (il futuro Innominato), eliminando tante digressioni che costituivano dei racconti dentro il racconto e che concorreranno alla compilazioni di un'opera autonoma, la famigerata Storia della colonna infame.

Le due minute non verranno mai edite a stampa, ma rimangono ancora oggi uno strumento di studio e di indagine sui procedimenti compositivi innescati da Alessandro Manzoni per la realizzazione delle sue opere letterarie. 

La stesura del Fermo e Lucia (conclusasi nel settembre del 1823), inoltre, ebbe il merito di evidenziare un problema al suo autore: se il romanzo storico deve raggiungere un numero più o meno consistente di lettori, se la letteratura deve essere sempre impegnata ed educare le masse, come avrebbe potuto realizzare queste finalità un romanzo scritto in una lingua non conosciuta né parlata in tutto il territorio nazionale.

Fu un problema che per molto tempo tormentò il Manzoni.

LA VENTISETTANA E L'INCIPIT DELLA REVISIONE LINGUISTICA

Dal 1823 al 1827 Manzoni lavorò alacremente al suo romanzo storico:

Fermo viene definitivamente ribattezzato con il nome di Lorenzo Tramaglino;

le vicende di Gertrude e del Conte del Sagrato vengono ridimensionate e il secondo personaggio viene soprannominato con l'appellativo di Innominato;

Vengono emendati numerosi dialettismi, non senza una certa difficoltà da parte dell'autore, abituato com'era ad utilizzare la lingua locale di Milano non solo nelle missive inviate ad amici, parenti e familiari.

Nel 1827 il romanzo viene pubblicato con il titolo de I promessi sposi per i tipi di Giuseppe Ferrario, il medesimo editore della rivista "Il Conciliatore". I dubbi di Manzoni sulla facies linguistica dell'opera  continuano però ad essere tantissimi, anche perché l'autore è convinto di non poter fare ricorso in alcun modo alla lingua petrarchesca della lirica, del melodramma e della tragedia, perché ciò avrebbe limitato fortemente il novero di coloro che avrebbero potuto accedere alla lettura e all'intelligibilità del testo. Inoltre, non avreste avuto voi neanche un minimo di disappunto nel sentire pronunciare da un ragazzo lombardo sui vent'anni, di professione filatore di seta, una frase come "l'ira mia funesta e il ferro che arma la mia mano i lumi del tiranno Don Rodrigo in etterno spegneranno"? Era decisamente necessaria un'attenta revisione linguistica e un bagno di realtà.

LA QUARANTANA

L'incipit della riscrittura del romanzo manzoniano, in direzione della sua versione definitiva, coincide cronologicamente con il trasferimento di Manzoni con tutta la sua famiglia e la servitù a Firenze nell'estate del 1827. A Firenze Manzoni alloggia presso il Palazzo Gianfigliazzi Bonaparte, frequenta i salotti e i centri di ritrovo e confronto di letterati ed intellettuali, come il celebre Gabinetto Viesseux. Il famoso centro studi, che oggi ha sede in Palazzo Strozzi, era un luogo di incontro e confronto tra uomini di lettere su questioni di lingua e letteratura (la finalità prima dell'associazione era la sprovincializzazione della cultura italiana, affinché si sintonizzasse con una modernità già in voga in tutta Europa). 


Immagine fotografica: veduta serale del Lungarno su cui si affaccia Palazzo Gianfigliazzi Bonaparte

Manzoni sceglie di trasferirsi a Firenze proprio per imparare il fiorentino parlato da borghesi ed aristocratici, per apprendere a parlare e scrivere bene utilizzando quella varietà linguistica con cui si mettevano in comunicazione due membri dell'élite intellettuale provenienti da due aree geografiche distinte e distanti. Il fiorentino moderno, ed emendato da tratti demotici, sarebbe stata la scelta migliore per definire un idioma nazionale che potesse consolidare un'unità culturale, già arricchita da un imponente patrimonio artistico.

La limatura linguistica del suo romanzo storico impegnò Alessandro Manzoni fino al 1840, anno in cui venne pubblicato dapprima a puntate periodiche, in 108 dispense edite dagli editori Guglielmini e Redaelli, i quali cureranno anche l'edizione in un volume unico, corredato dalle illustrazioni dell'artista piemontese Francesco Gonin.

QUAL E' IL SENSO DELLA LETTURA E DELL'ANALISI DE I PROMESSI SPOSI NELLA SCUOLA ITALIANA DELL'ERA COVID?

Non resta che capire per quale motivo un romanzo pubblicato come opera compiuta più di 150 anni fa sia ancora considerato scolasticamente utile da quanti sono preposti all’educazione linguistica e letteraria delle ultimissime generazioni. Perché continuare a leggere una prosa la cui base normativa si è necessariamente evoluta in più di un secolo di unità nazionale? Che senso ha continuare a proporre agli studenti del secondo anno di secondaria di secondo grado la lettura e l’analisi de I promessi sposi, insistendo sui compendi dei singoli capitoli, le più o meno articolate analisi testuali, i progetti e le attività didattiche che avrebbero come scopo di introdurre giovani e giovanissimi nel mondo di Renzo Tramagliano, di Lucia Mondella, di Padre Cristoforo e della Monaca di Monza?

Me lo sono chiesto ovviamente anche io e ho elencato le seguenti motivazioni.

  • Suggerire una visione dell’opera della provvidenza divina e del mondo moralmente accettabile e generalmente positiva: l’universo de I promessi sposi è costellato di protagonisti e protagoniste che hanno una loro specifica complessità umana e psicologica, ma fondamentalmente possono essere distribuite in due distinte categorie di persone, ovvero i buoni derelitti e i potenti prevaricatori, il messaggio che suggerisce questo monumentale romanzo storico è che i poveri, anche se saranno sempre parchi di tutele, potranno sempre contare sulla giustizia divina che ristabilirà la pace e l’equilibrio. Ogni disavventura può nascondere una grazia, e molto probabilmente è sempre così che vanno le cose: i disegni divini sono imperscrutabili e quello che sembra un grande dolore è in realtà l’eziologia della svolta.
  • Specificare una volta per tutte che esiste una netta distinzione tra scritto e parlato, il primo controllato e controllabile attraverso la norma grammaticale e il secondo come regno della variabilità. Non a caso Manzoni non si preclude in alcun casi di ricorrere all’anacoluto per simulare le anomalie che marcano l’eloquio in senso diastratico (es. Noi monache le cose piace sentirle per minuto, asserisce Gertrude, desiderosa di approfondire la conoscenza della personale sventura di Lucia).
  • Fornire un esempio di prosa all’interno della tradizione letteraria italiana, che, come sappiamo, è costituita quasi interamente da testi poetici. Manzoni stesso non aveva un retroterra culturale, la sua operazione fu del tutto originale, nessuno prima di lui aveva sperimentato il genere letterario del romanzo storico.
  • Ultima ma non ultima motivazione: attraverso le vicende dei due sposi promessi si possono apprendere emozioni e sentimenti: l’ingiustizia figlia dell’ipocrisia e dell’indifferenza, la sacralità dell’amore coniugale, la vocazione, la fede, l’esperienza di Dio che consente anche al peggior peccatore di redimere sé stesso, la debolezza e l’affascinante fragilità dell’essere umano.


Insomma, un giovane nutrito a Instagram e TikTok può percepire l’opera massima di Manzoni come inconoscibile e distante dalla propria sensibilità, ma la sua lettura rimane un’esperienza che ognuno dovrebbe fare prima o poi, come un pellegrinaggio in Terra Santa o il Cammino di Santiago.


Buona lettura a tutti.


BIBLIOGRAFIA

  • RABONI GIULIA (2017), Come lavorava Manzoni, Carocci, Roma.
  • STOPPELLI P. (2019), Filologia della letteratura italiana, Carocci, Roma
  • ITALIA P. (2019), Che cos'è la filologia d'autore, Carocci, Roma.
  • www.promessisposi.weebly.com 



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