UN MODELLO PER LE MODERNE GRAMMATICHE SCOLASTICHE: "LA LINGUA NAZIONALE" (1940) DI BRUNO MIGLIORINI

 

AVVERTENZA: L'interesse che in questa sede viene riservato alla grammatica di Bruno Migliorini non cela affatto alcun giudizio di qualità, che la individui come un testo cruciale per la storia dell'educazione linguistica in Italia. Nel breve testo espositivo che segue non si nasconde tra le righe nessun tentativo di stabilire una graduatoria di merito, per cui le opere grammatografiche di Ciro Trabalza e Giacomo Devoto debbano essere considerate a distanza di decenni meno valide e didatticamente meno efficaci di quella dell'autore della Storia della lingua italiana (1960). L'interesse e l'emulazione, generatisi dal modello miglioriniano, motivano la genesi del presente contributo.





Al giorno d'oggi si assiste al proliferare di testi destinati all'istruzione scolastica, di qualsiasi settore disciplinare. Non fanno eccezione a questa tendenza i manuali di grammatica descrittiva, i cui destinatari sono giovani e giovanissimi studenti che stanno attualmente curando il loro percorso di formazione civile ed umana, nei vari istituti di ogni ordine e grado. In passato, alcuni storici della lingua italiana hanno manifestato un particolare interesse nei confronti di questa specifica tipologia editoriale, compilando profili storici e censimenti dei manuali di grammatica descrittiva più in voga nella scuola italiana del passato e del loro presente (CATRICALA 1991, FORNARA 2019). Il tentativo di queste ricerche è stato la perlustrazione delle diverse possibilità di educazione linguistica, che si offrivano a discenti e docenti, attraverso il ricorso ad una norma linguistica di riferimento, e l'identificazione del modello linguistico, insegnato nelle scuole ai futuri membri della comunità dei parlanti. Oggi, di fronte al mare magnum di testi, di metodi e di orientamenti, offerto dalla case editrici, sarebbe quasi impossibile e per certi versi quasi inutile tentare una classificazione dei testi più utilizzati per l'insegnamento della norma della lingua comune.

BREVISSIMA CRONISTORIA DEL MANUALE DI GRAMMATICA NELLA SCUOLA ITALIANA DEL XX SECOLO

Il libro di grammatica non è sempre stato un testo destinato alla scuola, a disposizione dei parlanti in formazione. Anticamente, quando il volgare veniva impiegato come un codice linguistico funzionale a trasmettere contenuti dotti e necessitava, pertanto, di una codificazione normativa, la grammatica era un libro a stampa destinato agli intellettuali, ai cultori della bella lingua, certamente non era ad uso e consumo di chiunque fosse impegnato in un percorso di istruzione. 

Soltanto nel milieu socioculturale dell'Illuminismo si afferma il libro di grammatica come strumento principe per l'educazione linguistica delle future generazioni. Alessandro Manzoni in persona, da intellettuale affermato quale era diventato, aveva in un'occasione pubblicamente dichiarato di aver avuto come insegnante Francesco Soave, autore di un manuale di grammatica che riscosse ampio successo all'interno delle scuole laiche della Lombardia nella seconda metà del XVIII secolo (e non solo lì).

Dopo l'Unità nazionale, il governo centrale del nuovo Regno d'Italia ha l'evidente necessità di diffondere la conoscenza e l'uso di una lingua nazionale, che fino a quel momento era stata solo appannaggio delle classi colte. Chi può allora disporre di un manuale di grammatica italiana si avvale nella maggior parte dei casi di testi fedeli alla codificazione di un rigido manzonismo, per cui, una volta individuato nel fiorentino emendato il modello per l'italiano nazionale, non resta che attenersi a quelle specifiche norme, ai tratti caratterizzanti di quell'idioma, sperimentato efficacemente per la prima volta nel monumentale capolavoro del Manzoni. Un'altra scuola di pensiero, i cui corifei furono Isaia Graziadio Ascoli e Ciro Trabalza, sostiene la necessità di partire dal confronto contrastivo tra il dialetto e la lingua comune. 

Nell'uno e nell'altro caso si tratta di libri scritti da borghesi colti, in genere insegnanti di scuola elementare, dotati di una fine erudizione e di un'ottima preparazione culturale. La linguistica italiana e la storiografia linguistica dell'idioma patrio non erano ancora nate come discipline accademiche. Presso le università italiane gli unici insegnamenti linguistici disponibili, nel corredo accademico degli atenei tra la fine del XIX e l'incipit del XX secolo, erano la grammatica storica e la glottologia, dove il focus era rappresentato dalla fonetica e dalla morfologia.

La tipologia dell'offerta editoriale rimane sostanzialmente invariata nei primi venti anni del XX secolo. Nelle scuole elementari e medie del Regno gli scolari apprendono la sacralità del patrio idioma, simbolo delle proprie radici e dell'identità nazionale, l'importanza di saper parlare e scrivere, ricorrendo alla bella lingua toscana. (Nel 1906, tra l'altro, viene stampato per la prima volta, dai fratelli Treves di Milano, il volume di un Edmondo De Amicis "linguista" dal titolo L'Idioma gentile). 

Per influsso del pensiero neoidealista (Giovanni Gentile, filosofo e principale esponente di questo pensiero, viene nominato nel 1923 ministro della Pubblica Istruzione della prima legislatura guidata da Benito Mussolini) alcuni membri dell'intellighenzia italiana nel corso degli anni Trenta furono predisposti a considerare la grammatica una pseudoscienza, da assorbire all'interno dell'estetica: l'apprendimento della lingua nazionale era possibile soltanto tramite l'analisi ed il commento dei testi dei grandi autori della tradizione letteraria italiana.

Tra la fine degli anni Trenta e gli inizi degli anni Quaranta, accaddero, però, due eventi che effettivamente mutarono del tutto la considerazione riservata al manuale di grammatica italiana nelle scuole statali: 

  1. la linguistica italiana divenne un settore disciplinare accademico con l'istituzione, nel 1938 presso l'Università degli studi di Firenze, della prima cattedra di Storia della lingua italiana, affidata dall'allora ministro Bottai a Bruno Migliorni;
  2. Bruno Migliorini fu il primo accademico, il primo docente universitario, nella storia dell'editoria scolastica, a predisporre, e a dare alle stampe, un manuale di grammatica italiana destinato all'educazione linguistica degli studenti e delle studentesse delle scuole medie.

Quindi la lingua italiana venne per la prima studiata con metodi scientifici rigorosi, che Migliorini mediò nel nostro paese dai suoi contatti con Charles Bally, a sua volta allievo del padre della linguistica generale Ferdinand De Saussure.  Questa scientificità e questo serio rigore furono messi messi a disposizione del processo di unificazione linguistica, ancora in corso in un'Italia, allora ancora sostanzialmente dialettofona. Oggi non desta assolutamente scalpore ed è anche abbastanza scontato che una grammatica scolastica venga scritta da un famoso linguista (come ad esempio Giuseppe Patota, Marcello Sensini e Paola Italia); così come appare quasi naturale che un illustre e compianto accademico come Luca Serianni abbia impiegato il suo alto magistero per la compilazione di diverse opere normative della lingua italiana, più volte ristampate.

La grammatica di Bruno Migliorini viene concepita per la scuola media, su sollecitazione del ministro Bottai che aveva promosso qualche anno prima una riforma dell'organizzazione scolastica.

Nello stesso anno, viene data alle stampe e resa disponibile anche la grammatica di Giacomo Devoto (Introduzione alla grammatica), che però presenta delle differenze sostanziali con quella del Migliorini, come seppe tra l'altro evidenziare anche Giorgio Pasquali in una recensione alle due opere grammatografiche, pubblicata nel numero 417 della rivista "Nuova Antologia".

Diversamente da come Giacomo Devoto scelse di produrre la sua grammatica scolastica, Bruno Migliorini optò per l'inserimento di un consistente numero di esercizi, più di 200, che stimolavano, attraverso procedure ludiche o semiludiche, la ricerca e la conquista della regola grammaticale. Gli esercizi e le letture occupavano uno spazio considerevole all'interno del volumetto: 170 pagine, immediatamente seguite dalle duecento in cui viene sintetizzata la teoria grammaticale, la fonetica e la fonologia, la morfologia, la sintassi della frase e del periodo. Il presupposto teorico di questa scelta programmatica dell'autore era basata sulla spontanea convinzione che l'alunno, già dall'infanzia, si era già impadronito, tramite l'uso quotidiano della lingua, di uno specifico comportamento linguistico e che l'esercizio e la riflessione metalinguistica gli avrebbero consentito di tirare fuori maieuticamente questo sapere. La scelta originale, che rappresenta una novità (che non sarebbe mai più stata emulata in futuro) rispetto all'impianto tradizionale consiste nell'anteporre gli esercizi alla teoria, dislocata, in base a quanto ho capito, nella seconda parte del volume.

Già a partire dall'introduzione, le parole sulla distanza tra apprendimento della lingua e grammatica offrono un'efficace chiave di lettura del manualetto di Migliorini: 

Anzitutto, la grammatica si studia troppo o troppo poco? Non sembri paradossale quello che ora diremo: a noi sembri che la grammatica si studi troppo, e la lingua troppo poco.
Facciamo un paragone. Supponiamo che si voglia insegnare ad un novizio l'arte del nuoto. Si può ordinare all'allievo di tuffarsi, e dirgli quali movimenti deve fare e deve correggere, e spiegargliene il perché. Ovvero si può impartirgli a tavolino una bella serie di lezioni teoriche sul funzionamento dei muscoli e sul movimento delle mani e dei piedi.
(...)
Si potrà obiettare che l'alunno ha molte occasioni di scrivere e l'insegnante di correggere. E' vero ed è ventura che sia così. Ma è anche vero che di solito manca un contatto metodicamente disposto fra la lingua quale si scrive nei compiti e la grammatica quale s'insegna nel libro apposito.
(Migliorini, 1941: VII)

Il linguaggio con cui Migliorini si rivolge ai suoi giovanissimi interlocutori è privo di tecnicismi, fluido ed eloquente. Come modelli linguistici vengono suggeriti testi di Mussolini, De Amicis, Papini, e naturalmente non può mancare l'amatissimo Manzoni.

I testi espositivi vengono intervallati dai disegni di Piero Bernardini, autore delle illustrazioni delle novelle di Alfredo Panzini (uomo di lettere che, a mio parere, vale la pena conoscere meglio):

Immagini delle illustrazioni che animano i testi delle letture VI e XXVI, rispettivamente a pag. 36 e 116 della ristampa del 1943.

Pasquali non manca di sottolineare una sostanziale differenza nell'atteggiamento dei due accademici alle prese con la realizzazione di una grammatica scolastica: se Migliorini è più amichevole e preferisce scendere dal suo piedistallo di docente universitario di linguistica italiana, Giacomo Devoto si rifiuta di banalizzare forme e contenuti tipici di un settore disciplinare, che, proprio in quel periodo, stava vivendo la sua particolare rivincita.

In sintesi, Bruno Migliorini:

  • privilegia la variabilità in diafasia;
  • preserva una certa attenzione l'etimologia delle forme nominali e verbali, per stimolare la curiosità dei discenti;
  • le regole della grammatica sono lo scopo, per Devoto costituiscono la base di partenza.
  • adotta una scelta neopurista e manzoniana, sinonimo di avversione per i prestiti linguistici, per i regionalismi, per tutte quelle voci che non vengono ammesse e utilizzate spontaneamente da un congruo numero di parlanti (quest'ultimo aspetto è sicuramente coerente con la politica linguistica del regime).

Migliorini è convinto che la lingua nazionale possa davvero essere la stessa per tutti, superando qualsiasi tipo di stratificazione sociale. La sua adesione al manzonismo è frutto di una certa idiosincrasia verso la retorica, la pedanteria e la pomposa solennità dell'italiano colto e letterario, il cui antidoto è stato innegabilmente l'esperimento linguistico che Alessandro Manzoni ha messo in atto nella Quarantana

Tuttavia, in alcuni esercizi, si evince la preoccupazione di Migliorini per il decoro linguistico (Cfr. p. 127: "Invece aggiungendo il prefisso inter- si è avuto in latino intelligere: una persona intelligente è quella che sa capire, scegliendo tra il vero ed il falso, tra il buono ed il cattivo")

CONCLUSIONI

Nella grammaticografia italiana del Novecento l'opera di Migliorini è sicuramente più un punto di partenza che un punto di arrivo (secondo Serenella Baggio: "La maggior fortuna della grammatica di Migliorini, più volte riproposta dall'autore, molto imitata, ben oltre l'occasione per la quale era nata, ebbe certo delle conseguenze sociali, contribuì a tenere distinte grammatica e linguistica e a differenziare il linguaggio della scuola da quello dell'Università", cfr. BAGGIO, 2009, p. 237.)

E' un sicuramente un libro scolastico che si contraddistingue per la sua semplicità, per la chiarezza dei testi con cui si rivolge ai suoi giovani interlocutori, non vi alcuna traccia della pedanteria e della magniloquenza espressiva di tante pubblicazioni degli anni Trenta, rivolte agli alunni delle scuole medie. Il metodo dell'autore colpisce per la modernità, che oggi non sconvolge più nessuno, ma che all'epoca non mancò di destare perplessità ed entusiasmi. Tuttavia alcune soluzioni (come l'attenzione per il lessico e la centralità delle esercitazioni) meriterebbero di essere di nuovo rispolverate nell'era della scuola digitale, degli ebook e delle espansioni multimediali dei manuali scolastici.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

BAGIO S. (2009), L'Italia nelle grammatiche scolastiche del 1941, in "Rivista Italiana di Dialettologia", a. XXXIII, Bologna, CLUEB.

CATRICALA' M. (1991), Le grammatiche scolastiche dell'italiano edite dal 1860 al 1918, Firenze, Crusca.

DE MARTINI S. (2014), Grammatica e grammatiche in Italia nella prima metà del Novecento. Il dibattito linguistico e la produzione testuale, Firenze, Franco Cesati.

FORNARA S. (2019), Breve storia della grammatica italiana, Roma, Carocci.

MARAZZINI C. (2018), Grammatiche e vocabolari nelle scuole del Regno d'Italia, in "Italiano LinguaDue", n. 1.

MIGLIORINI B. (1941), La lingua nazionale. Avviamento allo studio della grammatica e del lessico italiano, Firenze, Le Monnier.

 VIALE M. (2010), Migliorini tra grammatica ed educazione linguistica, in SANTIPOLO M./VIALE M., "Bruno Migliorini, l'uomo ed il linguista (Rovigo 1896 - Firenze 1975)", Atti del convegno di studi, Rovigo, Accademia dei Concordi, 11-12 aprile 2008, Rovigo, Concordi editore, pp. 291-311 


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