IL LESSICO DELL'ITALIANO CONTEMPORANEO

Per animare efficacemente il mio lavoro di divulgazione dei tratti lingistici caratterizzanti l'italiano contemporaneo, con il presente post offro ai miei lettori una sintesi dei concetti principali del terzo capitolo (Lessico) del manuale di Paolo D'Achille, L'italiano contemporaneo, edito e ristampato nel 2019 da Il Mulino

Il lessico è l'insieme dei lessemi caratterizzanti una specifica lingua. Con la definizione di lessema si indicano tutte quelle parti del discorso veicolanti un valore semantico (nomi, aggettivi qualificativi, forme verbali, avverbi etc.).

Il lessico è la parte di una lingua più esposta alla realtà extralinguistica ed è, allo stesso tempo, estremamente mutevole nella sua evoluzione diacronica.

Le parole che concorrono alla descrizione della realtà circostante rimandano ad un referente, o designatum: un'oggetto, un'azione, un fenomeno, un concetto astratto, elementi che concorrono alla complessità dello scibile umano.

Tra i diversi lessemi si stabiliscono rapporti sul piano sintagmatico (i lessemi si legano tra di loro nella composizione di una frase semplice o complessa di senso compiuto) e paradigmatico (un lessema convive all'interno del medesimo sistema linguistica con altri che possiedono lo stesso valore semantico).

La lessicologia si lega strettamente alla semantica.

Lessico e vocabolario sono due concetti distinti, in un certo senso il secondo è contenuto nel primo e definisce uno specifico e circoscrivibile insieme di lessemi che caratterizza un registro linguistico, un linguaggio scientifico, l'espressione linguistica di un determinato gruppo sociale.

Con la funzione denotativa un lessema definisce un designatum nella sua oggettiva realtà percepita; la funzione connotativa è invece utile alla definizione soggettiva di qualsiasi fenomeno presente nella realtà circostante.

La distinzione tra parole piene e parole grammaticali, o funzionali, è utile a definire la sezione in movimento del lessico di una lingua, ovvero quel nutritissimo gruppo di parole soggetto all'inserimento di neologismi, a risemantizzazioni, polimorfia ed allotropia.

Il fenomeno dell'allotropia è spiegato nel seguente video:



Ogni lingua si trova necessariamente a contatto con altre idiomi, e, soprattutto per il prestigio rappresentato da una di queste in uno specifico campo di azione umana, ammette nel suo lessico parole prese in prestito da quell'idioma. Si tratta di un prestito, però, a fondo perduto, ovvero non soggetto ad una restituzione con uno specifico tasso di interesse. I prestiti possono adattarsi alla morfologia della lingua di arrivo, oppure possono essere tradotti dagli stessi membri della nuova comunità di parlanti. E' pertanto possibile classificare le parole provenienti da una lingua straniera sulla base della morfologia tra:

  • forestierismi non adattati
  • forestierismi adattati
  • calchi 

Un altro tipo di classificazione può essere fatto sulla base dell'uso:

prestiti di necessità, quando nella lingua di arrivo non esiste una parola suscettibile di collegarsi stabilmente al designatum;

prestititi di lusso, quando invece il designatum, definito dal forestierismo non adattato, può essere tranquillamente indicato ricorrendo ad una parola equivalente italiana.

Tullio De Mauro ha censito nel Grande Dizionario dell'Italiano d'uso (d'ora in poi GRADIT) il foltissimo lessico dell'italiano contemporaneo, classificando parole piene e polirematiche in base alla loro accessibilità e ricorrenza. Il linguistica aveva già individuato nel 1970 un Vocabolario di Base (VdB), costituito da 7000 lessemi, composto da quelle parole che sono presenti in qualsiasi testo, scritto e orale, della lingua italiana.

La suddivisione del GRADIT è triplice:

  • il vocabolario fondamentale, contraddistinto dalla marca d'uso FO, comprendente circa 2000 lessemi (sostantivi, avverbi, preposizioni, forme verbali e connettivi) che rispondono ai bisogni immediati ed essenziali del parlante (essere, avere, mano, casa, cane, gatto, mangiare, fare, bello, buono, bene, male etc.);
  • il vocabolario di alto uso, contraddistinto dalla marca d'uso AU, comprendente tra i 2500 e i 3000 lessemi, impiegati frequentemente e accessibili a tutti coloro che hanno un livello culturale medio (es. pregiudizio, privilegio, definire etc.);
  • il vocabolario ad alta disponibilità, contraddistinto dalla marca d'uso AD, comprende invece circa 2300 lessemi e contempla  parole che sono entrate recentemente nella lingua italiana, per descrivere nuovi bisogni o indicare nuovi designata.

Altri 45.000 lessemi (che compaiono in testi più complessi) fanno parte del cosiddetto vocabolario comune. La somma di vocabolario di base e vocabolario comune costituisce il vocabolario corrente.

Al di fuori del vocabolario corrente si situano i lessemi dei diversi linguaggi settoriali (della scienza, della tecnica dell'architettura, della musica, della medicina etc.).

In particolare, abbiamo due settori del lessico da ricordare: 1) le voci gergali, ovvero le parole proprie di gruppi sociali ben definiti (forno nel gergo teatrale indica un teatro vuoto, secchione in quello scolastico indica uno studente molto preparato ma ugualmente impacciato ed introverso), 2) i regionalismi, lessemi legati a luoghi, oggetti e fatti relativi alla realtà quotidiana, ma che non sono estesi sull'intero territorio nazionale, voci proprie del dialetto locale, italianizzate a livello fonomorfologico (michetta in milanese, spiga a Ferrara).

Molto marcata diatopicamente è la fraseologia: es. a Roma consolarsi con l'aglietto si riferisce a chi si consola con qualcosa di irrisorio, oppure stare ancora a carissimo amico è una frase semplice che viene utilizzata per indicare l'indugiare nello stadio incipiente di un'azione molto lunga e onerosa (il riferimento è in quest'ultimo caso ai semicolti che non avevano troppa dimestichezza con la penna e non riuscivano pertanto ad andare oltre alla formula di saluto di una missiva quando si cimentavano con la redazione di una lettera).

LE COMPONENTI DEL LESSICO ITALIANO

Analizzando il lessico italiano sulla base dell'etimologia delle parole, è possibile procedere con questa classificazione:

  1. parole di origine latina
  2. prestiti, o forestierismi
  3. neoformazioni
A queste tre categorie bisognerebbe aggiungere quella di deonimi, i nomi propri che sono diventati nomi comuni (es. cicerone, nel senso di guida esperta), e i deofoni, che hanno come base etimologica un onomatopea o una interiezione (es. miagolare, guaire).
Un'analisi compiuta nel 1997 da Anna M. Thornton e Claudio Iacobini sul vocabolario di base ha attribuito al latino il 52,2% dei lessemi, alle formazioni italiane 11,3% e alle lingue straniere. Luca Lorenzetti, elaborando nel 2002 i dati del GRADIT, ha assegnato il 10, 38% alle voci di origine latina, il 74,86% alle formazioni latine ed il 14,76% alle voci di altre lingue (Cfr. LORENZETTI, 2002).

LE COMPONENTI LATINA E GRECA

All'interno della componente latina vanno innanzitutto individuate le parole popolari, quelle di tradizione indiretta e ininterrotta, che dal latino sono passate nella nostra lingua. In molti casi si tratta di parole popolari che nel corso del tempo hanno sviluppato nuovi significati (ad es. persona, che in latino arcaico aveva il significato di maschera e solo successivamente venne utilizzato per indicare un essere umano).
Le forme troppo demotiche vanno tenute distinte dai latinimi (detti anche cultismi) che sono state introdotte in italiano in diversi momenti della sua evoluzione diacronica.
Spesso in italiano da una stessa base latina, come abbiamo detto in precedenza, nascono due parole distinte nella forma e nella sostanza, attraverso una trafila popolare e una trafila dotta. Queste varianti di una medesima base etimologica vengono definite allotropi, ricorrendo ad una parola mediata dal linguaggio della chimica. La variante popolare si distingue per un maggiore stravolgimento della morfologia della base etimologica:

  • da CAUSAM > cosa (trafila popolare), causam (trafila dotta),
  • da CIRCULUM > cerchio (trafila popolare), trafila dotta (trafila dotta),
  • da CONSUETUDINEM > costume (trafila popolare), consuetudine (trafila dotta),
  • da DISCUM > desco (trafila popolare), trafila dotta,
  • da MACHINAM > macina (trafila popolare), macchina (trafila dotta),
  • da VITIUM > vezzo (trafila popolare), vizio (trafila dotta),
etc.

A molte parole pervenute per via popolare sono legati aggettivi relazionali di coniazione dotta e la diversa trafila spiega le differenze fonetiche, ad es. mese e mensile, oppure fiore e floreale
Se in questi due esempi la paronomasia con la comune base etimologica è comunque preservata, in altri casi la distanza è maggiore (orecchio - auricolare, cuore - cordiale). Si parla di suppletivismo quando nome e relativo aggettivo relazionale derivano da due radici latine diverse, oppure da una radice latina e una greca: es. bocca - orale, acqua - idrico, cavallo - equino, pecora - ovile, fegato - epatico, stomaco - gastrico etc.
Nel linguaggio giuridico si fa ricorso con estrema disinvoltura a latinismi la cui morfologia non è stata adattata: conditio sine qua non, terminus ante quem, sine die, interim, ultimatumreferendum, pro tempore.
Non tutti sanno che alcune parole latine sono state prestate alla lingua inglese e sono state rispedite al mittente, cariche di un diverso valore semantico: media, item, sponsor. Non a caso, in riferimento a queste forme, si parla anche di anglolatinismi.

I grecismi che fanno parte del lessico dell'italiano sono stati introdotti più recentemente dei latinismi e sono voci dotte, a volte tipiche del linguaggio della scienza e della medicina (strategia, dialetto, pragmatico, crisi, enigma, stereometria, cardiologia etc.).

Sia il latino che il greco hanno fornito all'italiano un cospicuo numero di prefissi (extra-, super-, iper-, ipo-, inter-, a-, in-), di suffissi (-ista, -essa) e di circonfissi (auto-, filo-, -voro, - patia).

I PRESTITI

I prestiti sono quelle parole che letteralmente prendiamo in prestito da altre lingue. Vengono definiti anche forestierismi, barbarismi e xenismi.
La lingua che riceve un prestito da un altro idioma non è tenuta alla restituzione, anche se per l'italiano si è verificato che parole che erano state esportate all'estero siano ritornate, dopo essere state sottoposte ad un processo di risemantizzazione. Burno Migliorini definiva queste parole cavalli di ritorno: casino, inteso come dimora suburbana, è tornato in patria con il nuovo significato di casa da gioco; allo stesso modo maschera ha mutato la sua morfologia in mascara ed ha fatto ritorno nella lingua italiana per definire un cosmetico.
Non tutte i prestiti sono facilmente individuabili, in quanto nel corso del tempo si sono adattati alla morfologia della lingua di arrivo. I prestiti che ancora mantengono la loro forma originaria sono in genere quelli di acquisizione più recente. In generale, però, si distinguono:
- prestiti adattati: treno (da train), bistecca (da beef-steak);
- prestiti non adattati: mouse, computer, smartphone;
- i calchi.

I calchi a loro volta si suddividono in:

  • calchi strutturali, che imitano la struttura del prestito linguistico (es. stare a cavallo - stay on horse); 
  • calchi di traduzione, in cui viene preso in prestito il valore semantico della parola o del costrutto linguistico importato.
  • calchi omonimici, basati sulla paronomasia tra i significanti (es. processore da processor); 
  • calchi sinonimici, basati sulla somiglianza del significato ( week end rispetto al prestito non adattato fine settimana).

Oggi predominano i forestierismi non adattati, che sono esclusivamente nomi e aggettivi esornativi. La grafia di queste parole presenta molto spesso delle oscillazioni, così come molto fluida ne è la pronunzia e l’attribuzione del genere.

Parole polisemiche nella lingua di provenienza mantengono in genere un solo significato. Più spesso queste parole assumono un significato diverso (outsider, flipper, bar, optional, smoking, footing, outing etc.).


Passiamo ora in rassegna le varie categorie di forestierismi.


I GERMANISMI

Moltissimi figurano nel lessico FO. 

Nomi che indicano parti del corpo: guancia, gota, milza, anca, schiena.

Oggetti di ambito domestico: roba, sapone, stalla, zolla, bancone, panca, balcone, fiasco, tappo, albergo, nastro.

Concetti astratti: guerra, astio.

Colori: biondo, bianco, bruno.

Tra i verbi: guardare, rubare, recare, scherzare, guarnire. 


ARABISMI 

Si sono diffusi e adattati nel corso del Medioevo.

Voci legate al commercio: facchino, ragazzo, magazzino, tariffa.

Prodotti importati dall’Oriente: albicocca, carciofo, melanzana, zucchero.

Termini matematici e scientifici: zero, cifra, algebra, zenit, nadir.


GALLICISMI e FRANCESISMI

Si tratta di parole entrate nel sistema dell’italiano soprattutto nell’Ottocento. 

Un buon numero di prestiti non adattati: parquet, enclave, garage, salopette, fuseaux, lingerie, menu, peluche, clou, roulotte, omelette, profiteroles, gaffe, privé, pendant, applique, équipe, élite, verve, expertise, bricolage, impasse. 

Segnali discorsivi: tout court, ça va sans dire.

Neologismi semantici: burocrazia, gorilla (inteso come guardia del corpo) riciclaggio, impegno (nel senso politico del termine) immaginario collettivo.


ISPANISMI

Vennero introdotti soprattutto tra XVI e XVII secolo.

Parole indicanti misure di peso, oggetti di diversa tipologia: quintale, tonnellata, flotta, brio, etichetta, regalo.

Forestierismi non adattati: golpe, goleador, embargo, tango, samba, paella, movida.


NIPPONISMI

forestierismi non adattati di recente acquisizione: harakiri, tsunami, karatè, judo, sushi, sashimi, kimono. 


Una quantità esagerata di forestierismi sono parole ed espressioni provenienti dalla lingua inglese. Il motivo di questa ampia fortuna è riconducibile sicuramente alla preminenza politica, economica e culturale esercitata dagli Stati Uniti sull’Europa a partire dal secondo dopoguerra. L’inglese è diventata pertanto una lingua ovunque molto studiata e utilizzata come strumento di comunicazione tra persone di differente cittadinanza. Le parole inglesi sono inoltre brevi, iconiche, si prestano alla possibilità di successive manipolazioni da parte di parlati di altre realtà linguistiche. 

In Italia parole inglesi spopolano in diversi contesti diafasici: nell’ambito della moda, dell’alta cucina, della linguistica, dello sport, della medicina, della scienza e della politica. L’italiano dei mass media e delle grandi testate giornalistiche è più esposto ai nuovi anglismi, a differenza del linguaggio giuridico e all’italiano della scuola che sembrano invece esserne quasi refrattari. 


I DIALETTISMI


Il lessico italiano è stato arricchito anche dal lessico interno, attraverso parole che dai vari dialetti si sono aggiunte alle voci toscane (es. scoglio di origine lingue, oppure pizza di origine partenopea, che è inoltre l’italianismo più diffuso). La diversità di queste parole è riconoscibile nei prestiti più recenti (‘ndrangheta, pane carasau).

Abbiamo dialettismi che riguardano il campo nozionale della cucina (grissini, panettone, bresaola, tiramisù, tortellini, cassata, supplì, bruschetta, arrosticini, fusilli, cassata), del paesaggio e della natura (faraglioni), dei rapporti sociali (fuitina, inciucio).

Da notare l’origine dialettale (e popolare) di molte espressioni largamente utilizzate in tutto il territorio della Penisola: battere la fiacca, farci la birra, mica pizza e fichi, finire a tarallucci e vino.


I NEOLOGISMI

Le nuove parole, entrate da poco nel lessico di una lingua, possono essere prestiti di recente acquisizione oppure neologismi combinatori, utilizzando magari la suffissazione su basi già esistenti. 

I neologismi possono però avere al fondamento della loro origine delle ragioni semantiche, quando indicano un nuovo referente, utilizzando ad esempio parole preesistenti che si caratterizzano per un valore polisemico ( si pensi soprattutto alle innovazioni tecnologiche e ai relativi neologismi: sito, icona, navigare, virale).

Tra i neologismi annoveriamo quella particolare categoria di parole che gli storici della lingua italiana definiscono abitualmente occasionalismi, spesso propri del linguaggio mediatico, destinati a dileguarsi in poco tempo (ai tempi della caduta del primo governo di Silvio Berlusconi per definire l’improvvisa mutazione della composizione parlamentare i giornalisti avevano coniato il termine ribaltone, che non è mai stato più riutilizzato  per definire una dinamica del genere). 


Riferimenti bibliografici

  • D'ACHILLE P. (2019), L'italiano contemporaneo, Bologna, Il Mulino.
  • LORENZETTI L. (2002), L'italiano contemporaneo, Roma, Carocci.
  • SERIANNI L./ANTONELLI G. (2011), Manuale di linguistica italiana, Milano, Mondadori.

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