IL GRADIT
IL LAVORO LESSICOGRAFICO DI TULLIO DE MAURO
Il vocabolario, come è universalmente noto, è in continua evoluzione:
Il patrimonio lessicale di una lingua non è dato una volta per sempre, al contrario si evolve e si rinnova continuamente, accogliendo nuove parole e nuovi sensi - questi ultimi vengono raggruppati nelle cosiddette accezioni - che arricchiscono i significati delle parole già esistenti. L'italiano è una lingua molto conservativa: la maggior parte delle parole con cui Dante scrisse la Commedia sono ancora oggi usate, o almeno comprese da buona parte dei parlanti. Allo stesso tempo, però, anche le parole che fanno parte del patrimonio stabile della lingua, che sono rimaste perlopiù immutate nella forma nel corso dei secoli, possono essere ampliate nel significato. (Rossi/Ruggiano, 2013: 309).
Tutto (o quasi) il patrimonio lessicale di una lingua viene documentato solitamente dalle opere lessicografiche, chiamate volgarmente dizionari o vocabolari. Relativamente alla lingua italiana, si annoverano diverse tipologie di vocabolario, distinte per tipologia, taglio e finalità di documentazione (cfr. Mengaldo, 1994: 25-30). Sono ancora oggi in circolazione dizionari storici, etimologici, vocabolari che attestano l'uso diffuso delle parole di recentissimo conio, i cosiddetti neologismi. La categoria di vocabolario più comune, più utilizzata, maggiormente rispondente alle aspettative e alle esigenze linguistiche dei membri della comunità dei parlanti, è il "dizionario dell'uso", con il quale i linguisti compilatori stilano interminabili elenchi di sostantivi, di forme verbali e di tutte le altre parti del discorso, impiegate attualmente sia nelle conversazioni private che nei testi più formali.
Il Grande Dizionatio dell'Italiano dell'uso (d'ora in poi GRADIT) è, appunto, un'imponente opera lessicografica, classificabile all'interno di quest'ultimo gruppo ("La definizione di una parola e delle sue accezioni è certo uno degli aspetti più delicati che il lessicografo deve affrontare. Non si tratta di indicare una perifrasi che riassuma il significato di un vocabolo, per lo più mediante il ricorso a sinonimi e definitori [...]. Si tratta anche di indicare l'ambito o il registro d'uso [...]", cfr. Serianni/Antonelli, 2011: 279; Marazzini, 2003: 65-67). Come il Sabatini-Coletti (DISC) e lo Zingarelli, il GRADIT censisce le parole del repertorio lessicale dell'italiano contemporaneo. L'opera venne pubblicata per la prima volta nel 1999 per i tipi della casa editrice torinese Utet, a conclusione di un encomiabile e lunghissimo lavoro di classificazione e catalogazione. Composto da sei volumi, venti anni or sono disponibile anche nella versione multimediale in CD-ROM, dal 2016 è finalmente consultabile anche su internet, in uno spazio digitale a cura della redazione della rivista "Internazionale" (disponibile al seguente link); con questa innovativa modalità di consultazione la fruibilità del dizionario di Tullio De Mauro viene garantita anche ai membri di un pubblico "non addetto ai lavori".
Gli aspetti che rendono il GRADIT preziosissimo e utile, sopratutto per chi, come il sottoscritto, è impegnato nell'analisi linguistica di un buon numero di testi, afferenti ad un corpus di italiano scritto, sono: la catalogazione delle parole con specifiche etichette denominate marche d'uso; l'indicazione delle prime attestazioni del singolo vocabolo; la specificazione delle reggenze per alcuni aggettivi esornativi e per le forme verbali; e per la segnalazione dei costrutti polirematici in cui vengono impiegati verbi, sostantivi e altre parti del discorso.
Tullio De Mauro è stato il linguista italiano che, più di molti altri, ha riservato un'attenzione molto speciale allo studio e all'analisi del lessico della lingua italiana. Questo zelo gli ha consentito di individuare, a partire dallo spoglio di numerose e diverse fonti scritte schedate dal Centro universitario di calcolo elettronico dell'Università di Pisa, uno spesso nugolo di parole a cui il parlante medio italiano non può non ricorrere, se è interessato all'adeguata intelligibilità dei suoi messaggi.
IL VOCABOLARIO DI BASE (VdB)
Questo gruppo di lemmi venne definito dal suo scopritore Vocabolario di Base (d'ora in poi VdB): si tratta della lista delle 7.000 parole più usate e comprese nella lingua italiana. Il Vdb, che ha più di quarant'anni, può essere rappresentato come un sistema di scatole cinesi. In esso, infatti vengono contemplate:
- le 2000 parole del vocabolario fondamentale;
- le crica 2750 parole del vocabolario di alto uso;
- le circa 2.300 parole del vocabolario al alta disponibilità.
In Guida all'uso delle parole (1980: 165-202), De Mauro ne ha pubblicato una lista in ordine alfabetico.
L'esistenza di un vocabolario di base, e di una stratificazione al suo interno, è la prova provata che non tutte le parole sono uguali; ma questo non significa che alcune parole siano più preziose o importanti di altre: la specifica utilità di una parola, appresa e utilizzata dai membri della comunità dei parlanti, è relativa alla necessità di rispondere ai bisogni delle diverse cerchie di locutori (Cfr. De Mauro, 1980: 112-124; cfr. Gheno, 2019: 99, "Molte persone che non riflettono, se non distrattamente, sulla loro lingua madre, commettono il classico errore di pensare che la lingua sia una specie di blob indistinto, un "nuvola" di termini dalla quale pescare via via quello che ci serve. Ed è così che lo studente si rivolge al professore con "Bella lì, prof!", magari confidandogli di avere "combinato un troiaio in questa esercitazione" o che un ragazzo non si renda conto che può sì chiamare sbirri o puffi i poliziotti con i suoi amici, ma se lo fa davanti a un agente è molto probabile che quello, giustamente, si adombri").
Il lessico di una lingua è paragonabile pertanto ad un meccanismo che ogni parlante necessita di utilizzare in modo adeguato. Per capirne il funzionamento e le modalità di impiego, è necessario conoscere profondamente la società, la cultura, le abitudini, gli usi, i costumi e la filosofia di vita dei parlanti che arbitrariamente faranno ricorso a quel determinato codice linguistico per le reciproche interazioni verbali:
"Ma è importante sottolineare che nel percorso scientifico e civile di Tullio De Mauro si parte sempre dagli individui, dalla storia e dalla società per arrivare anche alla descrizione linguistica, lessicologica e lessicografica. Dunque è cautela di De Mauro ricordare sempre che ognuno conosce e usa un insieme diverso di parole rispetto a ciascun altro, condividendoli con quelli della stessa classe sociale o della stessa regione o dello stesso mestiere o, persino, come si è visto, della stessa e sola sua famiglia" (Chiari, 2018: 166).
Il VdB dell'italiano sono le parole più usate e conosciute della lingua italiana, le prime che impara un bambino nel suo percorso di conoscenza del mondo, da sole coprono circa il 95% di tutte le parole che diciamo, scriviamo, ascoltiamo e leggiamo ogni giorno. L'impatto sociolinguistico della scoperta di questo insieme di parole è stato amplissimo, perché chi scrive per la comunità, chi comunica con essa, chi condivide con l'intera società parlante informazioni fondamentali deve necessariamente sapere quali sono i limiti linguistici dei riceventi (ergo, anche i limiti fisici di un magazzino lessicale medio).
Il VdB è un'opera civile oltreché scientifica (Chiari, 2018: 167-8), non si è fermato alle parole, ma le ha condotte verso un duplice percorso attivo e civile: l'uno indirizzato ai suoi beneficiari (i bambini delle scuole primarie in fase di acquisizione e apprendimento linguistico; adulti di ogni età inseriti nel mondo del lavoro ma con titolo di studio che non permette loro l'accesso ad una conoscenza umanistica, scientifica o tecnica, che si serve di terminologie e costruzioni complesse; stranieri e immigrati, persone con scarsa formazione scolastica, in situazione di semi-analfabetismo di ritorno); l'altro indirizzato a chi ha il dovere di farsi capire per meglio svolgere le funzioni che definiscono la base della vita civile (il legislatore, le pubbliche amministrazioni, la scuola e i suoi programmi, tutti gli strumenti di cui ci si serve per la comunicazione tra gli organi della società civile e tutti i suoi interlocutori).
Il vocabolario di base ha stimolato la riflessione sulla didattica del lessico a scuola ed è stato individuato come l'obiettivo didattico dei primi otto anni di istruzione formale in un'epoca in cui il curriculum scolastico veniva ancora fondato sulla fruizione di testi di tipo letterario (Ferreri, 2005).
Sabino Cassese, inoltre, quando fu a capo del dicastero della funzione pubblica, nel 1993, insieme a Tullio De Mauro, introdusse un Codice di stile delle comunicazioni scritte ad uso della pubblica amministrazione, che non a caso, riporta in appendice proprio il Vocabolario di Base dell'italiano (Piemontese, 1998)
Le parole contenute nel VdB, "nonostante la loro maggiore stabilità rispetto ad altre fasce di lessico, (...) sono un indice dei cambiamenti sociali, demografici e culturali e soprattutto economici intervenuti nel nostro Paese. Per questo i compagni ideali per capire questa lista di parole sono le "storie linguistiche" che illustrano i mutamenti sociali soggiacenti e motivanti il rinnovamento e la stabilità lessicale (...)". Cfr (Chiari, 2018: 170).
LE MARCHE D'USO
Nel GRADIT ogni parola viene differenziata e classificata secondo un sistema di marche d'uso (come avviene anche in altri dizionari dell'uso, si veda ad esempio il DISC), sigle con cui chiunque consulti le pagine del vocabolario di De Mauro potrà rendersi conto se la parola lemmatizzata sia ascrivibile al gruppo del VdB o se sia riconducibile ad un preciso codice. Le principali marche d'uso sono:
FO - le parole fondamentali dell'italiano, le voci che un parlante con una competenza A2 deve assolutamente conoscere;
AU - parole ad alto uso;
AD - parole ad alta disponibilità, che il parlante medio conosce benissimo, ma che non usa sovente.
CO - parole utilizzate trasversalmente in tutti (o quasi) i contesti diafasici;
RE - regionalismi, parole che ricorrono soprattutto in una determinata area geolinguistica del nostro paese, ma che possono essere diffuse anche altrove;
DI - dialettismi, ossia che derivano e sono in uso in uno specifico dialetto;
ES - forestierismi, parole che abbiamo preso in prestito da altre lingue;
LE - parole che si ritrovano nei testi di alcuni illustri autori della nostra tradizione letteraria;
OB - parole ormai obsolete, che, come cellule di un qualsiasi organismo vivente, stanno per compiere il loro ciclo vitale e quindi verranno nel prossimo futuro depennate dai vocabolari della lingua d'uso.
Non è stato ritenuto opportuno, in questa sede, fornire anche le stime quantitative per ogni singola marca. Si tratta, infatti, di un dato certamente trascurabile persino per la ricerca linguistica.
LE POLIREMATICHE
Per ogni lemma monorematico (costituito quindi da una singola voce) nel grande dizionario di De Mauro, viene indicato un elenco di costrutti polirematici, in cui la parola cercata viene impiegata per la definizione di uno specifico campo semantico.
Se siete arrivati fin qui e non sapete davvero cosa sia una polirematica, piuttosto che consultare Wikipedia potete visionare i contenuti di questo video, disponibile nella versione per dispositivi mobili alla pagina Instagram @italicaeloquentia:
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
- CHIARI I. (2018), Il vocabolario di base dell'italiano e la società civile, in Stefano Gensini et alii, Tullio De Mauro, Roma, Sapienza University Press, pp. 165-172;
- DE MAURO T. (1980), Guida all'uso della parole, Roma, Editori riuniti;
- FERRERI S. (2005), L'alfabetizzazione lessicale: studi di linguistica educativa, Roma, Aracne;
- GHENO V. (2017), Guida pratica all'italiano scritto (senza diventare un grammarnazi), Firenze, Franco Cesati editore;
- EADEM (2019), Potere alle parole. Perché usarle al meglio, Torino, Einaudi;
- MARAZZINI C. (2003), La lingua italiana. Profilo Storico, Il Mulino, Bologna;
- MENGALDO P.V. (1994), Storia dell'italiano del Novecento, Bologna, Il Mulino,
- PIEMONTESE M.E. (1998), Il linguaggio della pubblica amministrazione nell'Italia di oggi. Aspetti problematici della semplificazione linguistica, in G. Alfieri e A. Cassola (a cura di), La "Lingua d'Italia". Usi pubblici e istituzionali, Atti del XXIX Congresso della Società di Linguistica Italiana, Roma, Bulzoni, pp. 269-292;
- SERIANNI L./ ANTONELLI G. (2011), Manuale di linguistica italiana. Storia, attualità, grammatica, Milano, Bruno Mondadori editore.
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